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Gianluca D’Elia – Frank Steinbach – Michael Stoeckle – Raimund Stein – Rudolf Hohenfellner
Lo spazio retroperitoneale rappresenta un’area anatomo-chirurgica di notevole interesse urologico a causa delle strutture anatomiche in esso contenute. L’accesso al retroperitoneo può essere laterale (vedi capitolo 2.1 – Accesso sopracostale e pieloplastiea secondo Anderson-Hynes), posteriore (vedi capitolo 2.2 – Lombotomia posteriore e pieloplastiea a lembo), entrambi accessi extra-peritoneali, o anteriore trans-peritoneale. L’accesso anteriore rappresenta il passaggio iniziale della maggior parte degli interventi urologici maggiori. Dopo un’ampia mobilizzazione dell’intestino e l’incisione del peritoneo parietale posteriore, si ottiene l’ottimale ed ampia esposizione dello spazio retroperitoneale minimizzando il rischio di ostruzione meccanica post- operatoria.
– Cistectomia radicale con derivazione urinaria. – Linfadenectomia retroperitoneale per neoplasie testicolari. – Interventi demolitivi e ricostruttivi nello spazio retroperitoneale. – Accesso diretto, con controllo vascolare preliminare, in caso di trauma renale.
– Posizione supina lievemente iperestesa con gli arti inferiori inclinati di 10°-20° ed il tronco di 5°-10°. Ciò permette di aumentare la distanza tra processo xifoideo e sinfisi pubica. – Laparotomia mediana dal processo xifoideo alla sinfisi pubica. – Incisione del sottocutaneo. – Sezione della fascia lungo la linea alba. – Apertura del peritoneo nella porzione craniale dell’incisione con esposizione del fegato sottostante. – Dopo essersi accertati che non vi siano aderenze si completa l’apertura distale del peritoneo. – Ispezione e palpazione degli organi intra-addominali necessaria in chirurgia oncologica per la valutazione della resecabilità del tumore e l’eventuale riconoscimento di localizzazioni metastatiche. – Legatura e sezione del legamento falciforme epatico. – Legatura e sezione del legamento ombelicale mediano (uraco) che viene preparato fino alla vescica. – Posizionamento di un divaricatore autostatico. – Controllo del corretto posizionamento del sondino nasogastrico, se inserito dall’anestesista pre-operatoriamente. – Lisi di eventuali aderenze omentali, secondarie a precedenti interventi. – Dislocazione dell’omento e delle anse del tenue, protetti da pezze laparotomiche umide, sul torace. – Mobilizzazione del ceco e del colon ascendente tramite incisione della doccia parietocolica destra lungo la linea avascolare di Toldt fino al forame di Winslow. – Dislocazione in senso craniomediale del duodeno e del pancreas (manovra di Kocher) per l’eventuale esposizione del peduncolo vascolare del rene destro. – Prolungamento dell’incisione attorno al ceco e medialmente lungo la radice mesenteriale per accedere allo spazio retroperitoneale dopo apertura del peritoneo parietale posteriore. Tale incisione decorre sopra i grossi vasi fino alla giunzione duodeno-digiunale. – Sezione del legamento di Treitz. – La legatura della vena mesenterica inferiore, lateralmente al Treitz, permette la mobilizzazione del meso del colon discendente. – Iniziando dal ceco, il colon ascendente, il mesentere ileale con il duodeno ed il pancreas vengono facilmente preparati separandoli dalla fascia di Gerota e dalle strutture retroperitoneali. Gli organi liberati, protetti con garze umide, vengono disposti, cranialmente, sulla cassa toracica. – Se si prevede di utilizzare il colon ascendente o trasverso per una derivazione urinaria è necessario mobilizzare la flessura colica destra: sezione del legamento epato-colico, separazione del grande omento dal colon trasverso incidendo lo spazio avascolare, sezione dei legamenti duodeno- e gastrocolico in prossimità della tenia del colon. – Incisione parieto-colica sinistra e prolungamento dell’incisione verso l’alto, lungo la linea avascolare di Toldt. Si ottiene così un’adeguata mobilità del colon discendente. – Per la mobilizzazione della flessura colica sinistra è necessario procedere alla sezione del legamento freno-colico. – Dopo aver eseguito la procedura chirurgica prevista si procede alla chiusura della parete addominale. – Eventuale posizionamento di una gastrostomia percutanea. – Controllo dell’emostasi. – Riapprossimazione dei lembi delle incisioni parietocolica sinistra e destra per evitare i rischi di una occlusione meccanica post-operatoria da incarceramento di anse intestinali. L’indicazione alla chiusura del peritoneo parietale posteriore è relativa al tipo di intervento eseguito (ad es. è necessaria in caso di chirurgia protesica aortica). – Protezione dello scavo pelvico con un lembo omentale (vedi capitolo 9.1 – Omentoplastica). – Posizionamento di drenaggi facendo attenzione a non ledere i vasi epigastrici inferiori. – Sutura in continua in PDS del peritoneo parietale anteriore. – Riapprossimazione dei muscoli rotti addominali nella metà inferiore dell’incisione. – Chiusura della fascia a punti staccati con Dexon 1/0. – In pazienti adiposi può essere utile lasciare un drenaggio in aspirazione a livello sottocutaneo per evitare raccolte sierose. – Sutura del sottocutaneo. – Sutura cutanea.
Gianluca D’Elia – Robert Wammack – Rudolf Hohenfellner
La fibrosi retroperitoneale è una malattia infiammatoria cronica, progressiva, silente, che comporta compressione estrinseca ureterale e si manifesta clinicamente con una dilatazione delle alte vie urinarie mono- o bilaterale e radiologicamente con la classica medializzazione ureterale in urografia. La fibrosi si sviluppa in maniera ascendente a partire dal promontorio sacrale (1,2,3). Indagine diagnostica fondamentale è la tomografia computerizzata, la quale permette di evidenziare la massa fibrotica e di escludere patologie scatenanti o concomitanti (4). L’intervento di ureterolisi primario rappresenta la terapia di scelta. La immunosoppressione primaria è associata a risultati negativi, che rendono necessario nella quasi totalità dei casi un intervento di ureterolisi secondario, a sua volta segnato da pessimi risultati a causa delle complicanze post-operatorie associate alla terapia cortisonica (5). In pazienti sintomatici o con funzione renale limitata è consigliabile posizionare pre-operatoriamente una nefrostomia percutanea. Il posizionamento di un catetere a doppio J rende difficile l’interpretazione intraoperatoria della conservata peristalsi ureterale ed è associato a lunga distanza ad adinamismo ureterale (6). La fibrosi di tipo calloso rispetta di regola l’avventizia ureterale, non infiltrandola, e creando pertanto un piano di clivaggio chirurgico per l’ureterolisi. In caso contrario (impossibilità di separare l’uretere dal callo fibroso o multiple lesioni ureterali intraoperatorie) è vantaggioso ricorrere, sebbene come ultima ratto, ad una sostituzione ureterale con segmenti intestinali (vedi capitolo 3.5 – Sostituzione ureterale con ansa colica). Dopo aver effettuato l’ureterolisi, lo scopo ultimo dell’intervento chirurgico è rappresentato dalla trasposizione degli ureteri dall’area fibrotica, in modo che un’eventuale progressione della malattia non comporti alcun danno ulteriore. A tal uopo è possibile eseguire una intraperitonealizzazione o una omentoplastica ureterale.
– Laparotomia mediana. – Accesso retroperitoneale tramite incisione del peritoneo parietale posteriore a livello cecale, laterocolico destro e sinistro e lungo la radice mesenteriale fino al legamento di Treitz. – Il pacchetto intestinale viene posizionato a livello del torace del paziente. – Identificazione, isolamento e caricamento su laccio dei vasi gonadici. – La biopsia intraoperatoria del tessuto fibroso permette di escludere la presenza di patologia tumorale. – Identificazione dell’uretere destro sottopielico. Ove non identificabile a questo livello si procede a preparare l’uretere pelvico. – Preparazione ed isolamento degli ureteri a partire dal tessuto sano e proseguendo in direziono del tessuto fibrotico lungo il piano di clivaggio chirurgico tra fibrosi callosa ed avventizia ureterale facendo attenzione a non danneggiare la vascolarizzazione ureterale longitudinale. – Controllo della peristalsi ureterale tramite pinzettamento della parete ureterale (a nefrostomia chiusa e catetere trans-uretrale aperto). – Intraperitonealizzazione ureterale completa dal seno renale fino al di sotto dei vasi iliaci per evitare recidive alle due estremità dell’uretere ed eventuali angolazioni ureterali. – Quando il flap peritoneale non è sufficiente per una completa intraperitonealizzazione si può in alternativa ricorrere ad una omentoplastica ureterale (vedi capitolo 9.1 – Omentoplastica). – Soluzione ideale è rappresentata dall’omentoplastica ureterale sinistra e dalla intraperitonealizzazione a destra. – Chiusura dell’incisione senza drenaggio.
– Nefrostomia aperta fino alla 7. giornata post-operatoria. – Misurazione della pressione pielica con un sistema chiuso collegato alla nefrostomia, direttamente al letto del paziente (vedi pressione venosa centrale); se nella norma (< 12-15 cm H2O), la pielostomia può essere chiusa. – Urografia endovenosa a nefrostomia chiusa in 8. giornata (in alternativa pielografia anterograda trans-nefrostomica). – Se pressione pielica e controllo radiografico risultano normali la nefrostomia può essere rimossa. – Terapia immunosoppressiva post-operatoria (controverso!) con glucocorticoidi ed azatioprin.
La scelta tra l’intraperitonealizzazione, il patch libero di peritoneo e l’omentoplastica ureterale è da inividualizzare per ogni paziente in relazione al reperto anatomico intraoperatorio. Tecnicamente è più semplice eseguire una intraperitonealizzazione a destra e limitare il wrapping ureterale con omento al lato sinistro. Se si opta per un’omentoplastica ureterale bilaterale, essa deve essere eseguita correttamente per evitare necrosi dei lembi omentali peduncolizzati (vedi capitolo 9.1 – Omentoplastica).
1. Albarran J. Rétention rénale par periuréterite: liberation externe de l’uretére. Ass Fran Urol 1905; 9: 511.2. Ormond JK. Bilateral ureteral obstruction due to envelopment and compression by an inflammatory retroperitoneal process. J Urol 1948; 59: 1072.3. Abercombie GF, Vinnicombe. Retroperitoneal fibrosis. Practical problems in the management. Br J Urol 1980; 51: 443.4. Brunn B, Laursen K, Sorensen IN, Lorentzen JE, Kristensen JK. CT in retroperitoneal fibrosis. AJR 1981; 137: 535.5. Von Heyden B, Roth S, Hertie L. Medikamentoese Therapie der retroperitonealen Fibrose. Akt Urol 1996; 27: 6.6. Lepor H, Walsh PC. Idiopathic retroperitoneal fibrosis. J Urol 1979; 122: 1.
Richard S. Foster – John P. Donohue – Peter Albers – Gunther E. Voges
Dopo l’esecuzione di una orchiectomia inguinale, la stadiazione clinica del tumore testicolare non-seminomatoso e basata sulla tomografia computerizzata addominale e toracica e sul dosaggio dei markers tumorali (alfa-fetoproteina beta- coriogonadotropina e LDH). In presenza di “bulk” retroperitoneale o di malattia metastatica (stadio clinico IIC – linfonodi retroperitoneali > 5 cm; stadio clinico III – metastasi sopradiaframmatiche o viscerali) la terapia d’elezione è rappresentata dalla chemioterapia a base di cisplatino seguita, in caso di remissione parziale, dalla linfadenectomia retroperitoneale (RPLA) post-chemioterapia. In assenza di malattia metastatica (stadio clinico I) è possibile attuare un protocollo di sorveglianza rinunciando alla RPLA primaria. Peraltro, in questo stadio clinico, i vantaggi di una RPLA primaria stadiante sono evidenti. Infatti, nonostante l’uso di moderne tecniche di diagnostica per immagini lo stadio clinico I (assenza di linfonodi retroperitoneali radiologicamente sospetti) corrisponde in circa il 30% dei casi ad uno stadio patologico II (linfonodi retroperitoneali coinvolti da malattia metastatica) (1). Solo con un intervento di RPLA primaria è possibile diagnosticare le metastasi microscopiche presenti nel retroperitoneo non rilevate radiologicamente e pianificare così una terapia che si basa su una corretta stadiazione patologica. Inoltre, la RPLA adottata nello stadio clinico I rappresenta oltre ad una procedura diagnostica anche un intervento terapeutico, essendo curativa per il 50-70% dei pazienti con piccole o microscopiche metastasi retroperitoneali. Diviene così possibile risparmiare la chemioterapia ed i suoi effetti tossici collaterali a questi pazienti (2). Un ulteriore vantaggio dell’RPLA in stadi tumorali precoci è la possibilità di escludere quasi del tutto l’eventuale recidiva in sede retroperitoneale. Nella maggior parte dei casi, dopo l’esecuzione di una RPLA stadiante, le recidive insorgono a livello polmonare o sono evidenziabili solo sierologicamente. In questi casi il follow-up risulta relativamente semplice (radiografia del torace, dosaggio dei marcatori tumorali) essendo la massa tumorale recidiva di regola di volume limitato. Queste piccole lesioni recidivanti sono trattabili con ottimi risultati attraverso la chemioterapia (2). Al contrario, in pazienti non sottoposti a RPLA e sottoposti a protocolli di sorveglianza le recidive insorgono caratteristicamente a livello retroperitoneale o polmonare. In generale, possono essere riscontrate masse molto voluminose ed il trattamento chemioterapico non riesce ad ottenere gli stessi risultati come dopo RPLA stadiante (2). Infine, studi istologici, hanno dimostrato che in pazienti con metastasi retroperitoneali di piccole dimensioni e possibile prevedere, con elevata probabilità di successo il sito della metastasi stessa (3). I tumori testicolari destri metastatizzano prevalentemente lungo vie precavali od interaortocavali. I tumori sinistri metastatizzano, come prevedibile, alle stazioni paraaortiche ed in regione interaortocavale prossimale. Tali conoscenze hanno permesso l’introduzione della cosiddetta dissezione modificata, nella quale la RPLA stadiante viene eseguita con la stessa tecnica ma con un’estensione ridotta. Si viene quindi a ridurre l’incidenza della perdita di eiaculazione post- operatoria. L’estensione limitata di questo tipo di dissezione non comporta un peggioramento dei risultati oncologici della procedura. Dato che non si è riusciti, dopo l’introduzione della dissezione modificata, a preservare in tutti i pazienti l’eiaculazione è stata messa a punto la tecnica della RPLA “nerve-sparing”. Questa tecnica prevede l’isolamento primario delle vie nervose efferenti simpatiche, mono- o bilateralmente, seguita dalla resezione dei linfatici entro i confini della dissezione modificata. Tale procedura conserva l’effetto terapeutico della RPLA evitando la perdita dell’eiaculazione, fattore ultimo responsabile della morbilità in questi pazienti (4) Ricapitolando esiste una serie di validi motivi per eseguire la RPLA in stadi precoci dei tumori testicolari non-seminomatosi: 1) stadiazione corretta; 2) vantaggio terapeutico in caso di metastasi minori o moderate; 3) facilità nel follow-up con possibilità di diagnosi delle recidive (polmone, markers tumorali) con eccellenti risultati in termini di guarigione dopo chemioterapia a base di cisplatino; 4) ridotta morbilità dell’intervento a causa dello sviluppo di tecniche “nerve-sparing”.
LINFADENECTOMIA RETROPERITONEALE RADICALE – La RPLA standard bilaterale comprende la rimozione del tessuto linfatico e nervoso retroperitoneale dai pilastri diaframmatici sino alla biforcazione dell’arteria iliaca comune e lateralmente da un uretere all’altro. – La via di accesso è rappresentata da una laparotomia mediana per poi procedere, previa mobilizzazione del mesentere del piccolo intestino, all’incisione del peritoneo posteriore. Quest’ultima si estende dal forame epiploico (di Winslow) lungo la doccia parieto-colica, circonda il cieco, fino ad arrivare al legamento di Treitz. – Previa sezione tra legature della vena mesenterica inferiore si sollevano il duodeno ed il tenue mesenteriale per riporli sul torace del paziente. – Quindi si seziona tra legature l’arteria mesenterica inferiore e si mobilizza lateralmente il mesocolon sinistro al fine di individuare la regione paraaortica. – Il tempo successivo è rappresentato dalla preparazione dei grossi vasi retroperitoneali tramite la tecnica ‘”split and roll”: il tessuto linfatico situato sulla superficie dei grossi vasi viene sezionato longitudinalmente e spostato lateralmente. – Previa sezione tra legature di tutti i vasi lombari si procede alla liberazione dei grossi vasi dalla parete addominale posteriore. – Si ottiene così la separazione del tessuto linfatico in quattro porzioni: paraaortico, interaortocavale, paracavale ed interiliaco. LINFADENECTOMIA RETROPERITONEALE “NERVE-SPARING” DESTRA – Accesso: laparotomia mediana dal processo xifoideo prolungata fino a 2 cm sopra alla sinfisi pubica. – Ispezione e palpazione dello spazio retroperitoneale. – Incisione del peritoneo lungo la radice mesenteriale dal cieco al legamento di Treitz (opzionale: legatura della vena mesenterica inferiore, mobilizzazione del cieco). – L’arteria mesenterica inferiore non viene legata. – Posizionamento di un divaricatore autostatico (ad es. “Bookwalter-Retractor”), spostamento del tenue nell’addome superiore destro, del duodeno e del pancreas cranialmente, isolamento dell’uretere destro, identificazione dei vasi gonadici. – Alternativamente è possibile posizionare l’intero piccolo intestino sul torace del paziente. – Si inizia la dissezione linfonodale attraverso lo “splitting” dei vasi linfatici all’altezza della vena renale sinistra, ad incominciare dal punto di incontro con l’aorta. – Proseguimento della dissezione in direzione della vena cava con un cistico ed accurata legatura dei vasi linfatici cranialmente. Dato che i vasi distali vengono inviati per esame istologico, non si ritiene obbligatorio effettuare una legatura a questo livello. – A partire dal centro della vena cava (ore 12) la dissezione procede in senso caudale. – Si reperta e si seziona tra legature la vena testicolare destra al suo sbocco in vena cava; spesso si lega anche l’arteria testicolare destra. – I vasi linfatici situati lungo la faccia mediale della cava vengono preparati in senso interaortocavale (“roll”) con l’aiuto di un sottile cistico che viene inserito delicatamente tra la parete cavale ed i vasi linfatici. – Ricerca delle vene lombari sinistre e identificazione dei nervi simpatici. I nervi decorrono spesso al di sopra delle vene lombari per poi portarsi caudalmente (L1 inizia a livello dell’ilo renale prossimale, L2/3 spesso confluiscono, L4 spesso piccolo e di difficile identificazione). – Caricamento dei nervi su vessel loops. – I singoli nervi vengono a questo punto accuratamente separati dai vasi linfatici interaortocavali (per via smussa e attraverso delicata incisione dei vasi linfatici aderenti). – A questo punto si è pronti ad asportare i vasi linfatici localizzati in parte al di sotto dei nervi. Di fondamentale importanza per la conservazione dell’eiaculazione anterograda sono i nervi originanti da L2 e L3. – Si procede ora con la tecnica “split and roll” a livello aortico a partire centralmente dall’aorta all’altezza della vena renale sinistra e fino all’arteria mesenterica inferiore. – Il tessuto linfatico viene separato dall’aorta (“rolling”). – Legatura delle arterie lombari destre. – Bisogna prestare attenzione ad eventuali variazioni anatomiche vascolari quali una vena renale sinistra retroaortica, la presenza di vene lombari confluenti nella vena renale o di una arteria renale accessoria polare inferiore. – Si procede con la mobilizzazione della vena cava. – Legatura e sezione delle vene lombari sinistre. – Sollevamento della vena cava ed identificazione dei gangli simpatici destri. È possibile seguire il decorso dei nervi simpatici fino alla biforcazione aortica. – Rimozione del tessuto linfatico interaortocavale in direziono caudo-craniale fino all’arteria renale destra. Si rende visibile il legamento longitudinale. – Linfadenectomia paracavale tramite preparazione del tessuto linfatico a partire dal centro della vena cava proseguendo fino all’incrocio dell’uretere con i vasi iliaci (“rolling”). – Legatura delle restanti vene lombari. – Rimozione dei linfonodi paracavali tra vena renale destra ed il sacro in basso. – Sezione dei vasi gonadici a livello dell’anello inguinale interno. È visibile la legatura effettuata in corso di orchiectomia inguinale. – Emostasi. – Irrigazione della ferita con soluzione salina. – Chiusura della ferita senza drenaggi. LINFADENECTOMIA RETROPERITONEALE “NERVE-SPARING” SINISTRA – Accesso: laparotomia mediana dal processo xifoideo prolungata fino a 2 cm sopra alla sinfisi pubica. – Ispezione e palpazione dello spazio retroperitoneale. – Incisione paracolica sinistra e mobilizzazione della flessura colica sinistra. Medializzazione del colon sinistro. Non è necessario legare l’arteria e la vena mesenterica inferiore. Per una completa esposizione del retroperitoneo è possibile eseguire una incisione del peritoneo parietale posteriore lungo la radice mesenteriale come descritto per la linfadenectomia destra. – Identificazione dei rami nervosi simpatici a livello della biforcazione aortica e caricamento su loop. I nervi decorrono lungo la superficie anteriore dell’aorta. – Mobilizzazione e caricamento su laccio dell’uretere sinistro, identificazione del muscolo psoas e del nervo genito-femorale, che rappresenta il limite posteriore della linfadenectomia. – Come in caso di dissezione destra lo “splitting” inizia a livello della vena renale sinistra, questa volta distalmente allo sbocco della vena testicolare sinistra. – La vena gonadica sinistra viene legata al suo sbocco nella vena renale sinistra, viene quindi preparata insieme all’arteria testicolare sinistra sino all’anello inguinale interno, sezionata ed inviata come preparato istologico distinto per esame istopatologico. – Il limite distale dello “splitting” della vena cava è rappresentato dallo sbocco dell’arteria mesenterica inferiore. – Anche lo “splitting” sull’aorta viene esteso solo fino all’origine dell’arteria mesenterica inferiore. – Anche in questo caso è necessario prestare attenzione alle arterie renali accessorie appartenenti al polo inferiore destro o sinistro, ad una vena lombare che sbocca nella vena renale sinistra o ad una vena renale sinistra accessoria. – Accurata separazione dei nervi repertati dai vasi linfatici paraaortici e pre-aortici. – Spostamento (“roll”) dei linfatici dall’aorta con un sottile cistico. – Identificazione, legatura e sezione delle arterie lombari sinistre. – Asportazione completa dei vasi linfatici paraaortici. – Dissezione linfonodale interaortocavale come già descritto per la dissezione destra. – Emostasi. – Irrigazione della ferita con soluzione salina. – Chiusura della ferita senza drenaggi.
1. McLeod DG, et al. Staging relationships and outcome in early stage testicular cancer: a report from the testicular cancer intergroup study. J Urol 1991; 145: 1178.2. Donohue JP, Thornhill JA, Foster RS, Rowland RG, Bihrle R. Primary RPLND in clinical stage A nonseminomatous germ cell testis cancer: review of the Indiana University experience 1965-1989. Brit J Urol 1991; 71: 326.3. Donohue JP, Zachary JM, Maynard BR. Distribution of nodal metastases in nonseminomatous tests cancer. J Urol 1982; 128: 315.4. Donohue JP, Foster RS, Rowland RG, Bihrle R, Jones J, Geier G. Nerve-sparing retroperitoneal lymphadenectomy with preservation of ejaculation J Urol 1990; 144: 287.