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    La Prostata

    Vito Pansadoro – Gastone Sabatini – Paolo Scarpone – Paolo Emiliozzi

    Introduzione

    La resezione endoscopica della prostata (TUR-P) è l’intervento utilizzato con maggior frequenza nel trattamento della ipertrofia prostatica benigna. In relazione all’esperienza dell’operatore ed al volume della ghiandola l’indicazione all’intervento endoscopico viene posta nel 70%-90% dei casi. In questi ultimi anni il miglioramento ed il completamento dello strumentario, la possibilità di vedere le immagini su un monitor (Video-TUR) e la disponibilità dell’ecografia trans-uretrale intra-operatoria hanno reso questo intervento più veloce, più radicale e più sicuro.

        

    Indicazioni

    Le indicazioni per il trattamento chirurgico-endoscopico dell’ipertrofia prostatica benigna sono rappresentate dall’analisi critica dei sintomi soggettivi, delle dimensioni della prostata, e dall’ostruzione confermata nello studio pressione-flusso. Solo la correlazione tra questi tre parametri permette di definire correttamente l’indicazione per intervenire. 1) Sintomatologia soggettiva. – Sintomi irritativi come pollachiuria, disuria, nicturia, urgenza, urge-incontinence. – Sintomi ostruttivi fino alla ritenzione d’urina con eventuale formazione di calcoli vescicali. – Ematuria ad origine prostatica. 2) Dimensioni della prostata all’esplorazione rettale ed all’ecografia trans-rettale. 3) Ostruzione cervice-uretrale documentata allo studio pressione-flusso.

    Strumentario

    – Bisturi elettrico ad alta frequenza con potenza variabile in relazione alla conduttività dei tessuti. – Resettore 24 Ch. – Uretrotomo di Sachse – Litotritore di Mauermayer. – Lithoclast. – Ottica 0°. – Uretrotomo di Otis. – Cannula di Korth. – Endo-camera con monitor da 21 pollici. – Ecografo con sonda trans-uretrale. – Gel lubrificante sterile. – Catetere di Foley 18 Charr a tre vie. – Catetere di Foley 12 Charr a due vie. – Liquido di lavaggio: soluzione isotonica, apirogena posta 60-70 cm sopra la sinfisi pubica oppure lavaggio a 60-70 cm di pressione.

    Tecnica operatoria

    – L’anestesia peridurale è la più indicata. – Posizione litotomica con un angolo tronco-arti inferiori di circa 120°. – L’intervento inizia con una uretroscopia eseguita con una camicia 17 Charr che permette di valutare l’integrità dell’uretra peniena e bulbare. Nel caso vi sia un restringimento, anche minimo, è necessario eseguire una uretrotomia mirata con l’uretrotomo di Sachse. – Controllo endoscopico dell’uretra prostatica e della vescica. – Rimossa la camicia 17 Charr si applica l’uretrotomo di Otis, aperto fino a 30 Charr, per la profilassi delle stenosi post-operatorie della fossa navicolare. – Introduzione della camicia del resettore che deve procedere per gravita, senza alcun resistenza, fino all’uretra membranosa. – Introduzione di una cannula di Korth per adenomi di diametro superiore ai 3 cm. – Se è presente una calcolosi vescicale la si tratta con il litotritore di Mauermeyer o con il litotritore pneumatico prima della resezione della prostata. – La prostata viene idealmente divisa in cinque settori che vanno trattati separatamente, uno alla volta, come fossero delle entità anatomiche ben distinte. – Si inizia con due solchi, profondi fino alla capsula, alle ore 4 ed 8 che dal collo vescicale arrivano alla base del veru montanum. – Si reseca quindi il terzo lobo, fino alla capsula, e si fa l’emostasi. – Si pratica un solco alle ore 10 dal collo vescicale all’apice prostatico e si reseca quindi il lobo laterale destro. Emostasi. – Solco alle ore 2 dal collo all’apice prostatico. Resezione del lobo laterale sinistro. Emostasi. – Resezione del lobo anteriore dal collo all’apice. – Resezione dell’apice prostatico iniziando alla base del veru montanum e risalendo ai due lati fino ad arrivare alle ore 12. – Si sostituisce quindi l’elettrotomo con la sonda dell’ecografo e si procede all’ecografia intra-operatoria per controllare la regolarità della loggia e dell’apice prostatico. – Rifiniture della parete della loggia. – Sezione del collo vescicale alle ore 4 ed 8 per la profilassi delle sclerosi postoperatorie del collo. – Aspirazione del materiale resecato che si trova in vescica. – Emostasi definitiva fino ad ottenere un liquido di lavaggio chiaro. – Si pesa il materiale resecato. – Si introduce il catetere di Foley 18 Charr e si gonfia il palloncino in vescica con tanti mi di liquido quanti sono i grammi di tessuto asportato, maggiorato di 20-40 ml. – Sostituzione della cannula di Korth con un catetere di Foley 12 Charr con palloncino a 10 ml. – Il catetere uretrale viene fissato con dei cerotti alla parete addominale con una moderata trazione in modo che il collo vescicale rimanga compresso ed il liquido di lavaggio che circola in vescica sia perfettamente chiaro. – Analogamente il catetere dell’epicistostomia (12 Charr) viene fissato alla parete addominale in leggera tensione in modo che il palloncino impedisca la fuoriuscita del liquido di lavaggio nel pericistio.

    Tricks of the trade

    – La cannula di Korth va posizionata a vescica ben distesa ed in posizione subito prossimale rispetto al pube. – L’esplorazione rettale, in corso di intervento, permette di apprezzare lo spessore della parete posteriore della loggia e facilita la regolarizzazione dell’apice. – Utilizzando la tecnica a settori, in caso di sanguinamento è facile localizzare la causa. – Chiudendo il foro della cannula di Korth, per aumentare l’aspirazione, è possibile avvicinare le pareti della loggia e migliorare la visione anche in caso di sanguinamenti importanti. – Riducendo l’entità del flusso di lavaggio è possibile identificare i sanguinamenti più modesti. – Nel caso di una perforazione importante (sottominamento del collo) l’intervento può continuare ma con pressioni vescicali basse e per tempi ridotti. – In caso di sanguinamento post-operatorio è consigliabile riportare il paziente in camera operatoria e rivedere l’emostasi piuttosto che indulgere in lavaggi vescicali al letto del paziente. – Il lavaggio vescicale post-operatorio deve essere un sistema chiuso che non va aperto se non in condizioni di asepsi. – Per prevenire il sanguinamento tardivo, alla caduta delle escare, è consigliabile somministrare l’acido tranexamico a partire dalla 2. giornata post-operatoria.

    Decorso post-operatorio

    – Il catetere sovrapubico viene rimosso dopo 24 ore. – Il catetere vescicale viene rimosso dopo 48 ore. – Il paziente viene dimesso ad urine chiare, in genere in 4. giornata. – Nel caso che il test di Stamey pre-operatorio sia negativo non è necessario prescrivere una terapia antibiotica.

    Bibliografia

    1. Holtgrewe LH. Transurethral prostatectomy. Urol Clin North Am 1995; 22: 357.2. Mebust WK, et al. Transurethral prostatectomy. Immediate and postoperative complications: a cooperative study of 13 participating institutions evaluating 3885 patients. J Urol 1989; 141: 243.

    Enrico Cruciani

    Introduzione

    Dobbiamo a Freyer, all’inizio del secolo, la prima pubblicazione sulla tecnica di adenomectomia prostatica per via trans-vescicale (1). La tecnica di Freyer sarà utilizzata fino agli anni ’40-’50, quando Harris (2), e, successivamente, Hryntschack (3) metteranno a punto la tecnica dell’adenomectomia per via trans-vescicale “a vista”. È intorno agli anni ’60 che si rendono disponibili due grandi invenzioni: le fibre ottiche ed il nuovo sistema ottico Hopkins. Questa nuova tecnologia permette la costruzione di strumenti endoscopici che cambieranno radicalmente la chirurgia trans-uretrale (vedi capitolo 5.1 – Resezione endoscopica della prostata). Più luce, una visione migliore ed una meccanica più fine permettono di raggiungere risultati impensabili solo alcuni anni prima. Nasce e si sviluppa in questo periodo la disputa accanita tra i sostenitori ad oltranza della resezione trans-uretrale (TUR-P) ed i partigiani della chirurgia a ciclo aperto. Allo stato attuale, il trattamento chirurgico più frequentemente impiegato nella terapia dell’iperplasia prostatica benigna è la TUR-P, con una percentuale che sia aggira sul 90 (4). D’altra parte, mentre risulta ormai chiaro che i piccoli adenomi debbono essere trattati endoscopicamente, per quelli molto voluminosi la chirurgia a cielo aperto presenta innegabili vantaggi. La controversia continua nelle situazioni intermedie, sebbene la tendenza attuale sia quella di estendere la TUR-P anche in questi casi, tenendo sempre presente, ovviamente, l’esperienza dell’operatore. I vantaggi dell’intervento endoscopico sono ben noti: minor trauma chirurgico, ricovero più breve, complicanze minime, convalescenza ridotta. In caso, peraltro, di adenomi di notevoli dimensioni aumentano le possibilità di eseguire un intervento incompleto, lasciando del tessuto adenomatoso residuo e, se la resezione si prolunga oltre i 60-90 minuti, aumenta l’incidenza di complicanze (5). A differenza della chirurgia endoscopica la durata dell’intervento a cielo aperto non dipende invece dalla grandezza dell’adenoma e, grazie alla presenza di un piano di clivaggio anatomico tra l’adenoma e la prostata vera, l’asportazione è, in genere, completa. Inoltre, la percentuale di reinterventi per stenosi uretrale, sclerosi del collo vescicale o residui adenomatosi è più bassa rispetto alla TUR-P (6). Tra le tecniche di adenomectomia a ciclo aperto la via retropubica è preferibile rispetto alla via trans-vescicale in caso di adenoma di notevoli dimensioni ed a sviluppo sottovescicale e quando non coesista una patologia vescicale (vedi capitolo 5.3 – Adenomectomia prostatica per via retropubica).

     

    Indicazioni

    – Prostata di peso superiore a 60-100 g (indicazione relativa alla esperienza endoscopica del chirurgo). – Lunghezza dell’uretra prostatica (distanza tra veru montanum e collo vescicale) superiore a 5 cm. – Adenoma prostatico associato a grossi diverticoli vescicali o grossi calcoli vescicali.

    Strumentario

    – Divaricatore vescicale autostatico di Hryntschack, modificato Bracci.

    Tecnica operatoria

    – Anestesia spinale o peridurale. – Posizione di Trendelenburg, con gli arti inferiori su cosciali per ottenere una migliore esposizione del piccolo bacino. – Tricotomia sovrapubica. – L’addome e i genitali vengono disinfettati dall’altezza dell’apofisi xifoidea fino a metà coscia. – Si procede al cateterismo vescicale. – L’operatore si pone alla sinistra del paziente. – Incisione cutanea ombelico-pubica che, oltre ad offrire un accesso adeguato, rispetta l’anatomia vascolare e nervosa. – Si separano i ventri dei muscoli rotti. – Si isola la vescica. – Si procede a cistotomia longitudinale su pinze di Allis. – Si posiziona un divaricatore vescicale tipo Hryntschack la cui branca posteriore esercita una trazione sul bassofondo vescicale in modo da distendere e meglio esporre la regione cervico-trigonale. – Dopo individuazione degli osti ureterali, utilizzando il bisturi elettrico si incide a “racchetta” il collo vescicale, iniziando dalla barra interureterica. Ciò permette la precisa individuazione del piano di clivaggio tra adenoma e prostata. – Il piano di clivaggio tra adenoma e prostata vera viene ulteriormente isolato con le forbici e per via smussa, lungo tutto il contorno dell’adenoma. – Il completamento del clivaggio viene effettuato con il dito senza ricorrere al controllo transrettale. – Una volta isolato l’adenoma, l’uretra prostatica viene sezionata, con le forbici curve, raso all’apice dell’adenoma. – L’emostasi è assicurata da sei punti a “X” in catgut su tutto il contorno del collo, che solidarizzano la mucosa vescicale alla capsula chirurgica della prostata. – Viene posizionato un catetere a tre vie, tipo Dufour, 22 Charr, con palloncino posizionato nella loggia prostatica residua e gonfiato di quel tanto da assicurare l’emostasi venosa della loggia stessa. – La breccia vescicale viene suturata in un unico strato extra-mucoso in Vicryl. – Vengono posizionati due drenaggi paravescicali tipo Redon. – Chiusura dell’incisione.

    Decorso post-operatorio

    – Dal giorno successivo all’intervento il palloncino del catetere viene progressivamente deteso per permettere la contrazione della “capsula” prostatica. – Rimozione del catetere in 4. giornata post-operatoria. – Rimozione dei drenaggi in 5. giornata post-operatoria.

    Bibliografia

    1. Mauermayer W. Transurethral surgery. Springer Verlag, Berlin, 1951: 74.2. Harris SH. Suprapubic prostatectomy with closure. Br J Urol 1929; 1: 285.3. Hryntschak T. Die suprapubische Prostatektomie mit primarem Blasenverschluss nach eigener Methode. Wilhelm Maudrich, Wien 1951.4. Sevadio C. Open prostatectomy really obsolete ? Urology 1992; 40: 419.5. Steg A. Transurethral versus open prostatectomy: do these procedures apply to the same patients and the same disease? Eur Urol 1991; 20: 173.6. Lewis DC. Open or transurethral surgery for the large prostate gland. Br J Urol 1992; 69: 598.

    Helmut Bauer – Wolfgang Schneider

    Introduzione

    In seguito a studi effettuati alla fine degli anni ’80, che dimostravano una morbilità ed una mortalità superiore dopo chirurgia trans-uretrale prostatica rispetto alla chirurgia a ciclo aperto, l’adenomectomia prostatica ha ritrovato lo spazio che probabilmente le spetta (1). In ogni caso, esiste un generale consenso tra gli urologi sull’indicazione chirurgica a ciclo aperto per adenomi di grosse dimensioni. Tuttavia, la scelta tra adenomectomia a ciclo aperto o resezione trans-uretrale è relativa all’esperienza endoscopica del singolo chirurgo (vedi capitolo 5.1 – Resezione endoscopica della prostata). Di conseguenza non esiste un limite assoluto di peso prostatico (tra 60 e 100 g) per l’indicazione differenziale tra i due tipi di intervento. Le due tecniche più frequentemente utilizzate per l’adenomectomia prostatica a cielo aperto sono quella retropubica e quella soprapubica trans-vescicale (vedi capitolo 5 2 – Adenomectomia prostatica per via trans-vescicale). Già Fuller nel 1865 richiamava l’attenzione sulla difficoltà di eseguire un’accurata emostasi in corso di adenomectomia soprapubica trans-vescicale (2). In numerosi studi veniva dedicata particolare attenzione alla profilassi delle emorragie (3). Come procedura standard per l’adenomectomia soprapubica trans-vescicale è d’uopo ricordare le tecniche di Harris e Hryntschak, che hanno messo a punto una particolare tecnica di emostasi della loggia prostatica (4, 5). Harris, per primo, descrisse la tecnica della ricostruzione della loggia prostatica utilizzando la mucosa trigonale ed eliminando quindi il pericolo delle sclerosi post-operatorie del collo vescicale (4). Grazie all’adenomectomia per via retropubica, eseguita per la prima volta da van Stockum nel 1909, è possibile ottenere una migliore esposizione della loggia facilitando, quindi, la rimozione dei grossi adenomi con ottimo controllo dell’emostasi (6). L’adenomectomia per via retropubica divenne popolare grazie a Millin che, nel 1945 mise a punto definitivamente la tecnica chirurgica (7). Ottenendo un’esposizione ottimale della faccia anteriore della prostata è possibile attuare una accurata emostasi, ridurre l’incidenza degli adenomi residui e, grazie ad una escissione cuneiforme del labbro posteriore del collo, risolvere il problema delle sclerosi del collo vescicale.

     

    Indicazioni

    – Prostata di peso superiore a 60-100 g (indicazione relativa alla esperienza endoscopica del chirurgo). – Lunghezza dell’uretra prostatica (distanza tra veru montanum e collo vescicale) superiore a 5 cm.

    Tecnica operatoria

    – Posizione litotomica. – Incisione secondo Pfannenstiel per l’esposizione dello spazio retropubico. – Vasectomia intrapelvica, a livello del punto di incrocio tra vena iliaca esterna e peritoneo, per la profilassi delle epididimiti. – Identificazione del collo vescicale e della faccia ventrale della prostata che è preparata per via smussa con un tampone montato. – Sezione e doppia legatura della vena dorsale del pene. – Coagulazione delle vene puboprostatiche più evidenti, che decorrono nel grasso periprostatico. – Per ottenere un’emostasi preventiva vengono legati, con dei punti atraumatici in catgut cromico 1/0, i peduncoli vascolari che decorrono dal collo vescicale alla parete laterale della prostata (cosiddetti punti di Gregoir). Nei pazienti sessualmente attivi è comunque necessario evitare il posizionamento di questi punti emostatici per il rischio di danneggiamento del fascio neuro-vascolare. – Si passano alcuni punti emostatici cranialmente tra prostata e vescica e caudalmente il più vicino possibile ai legamenti puboprostatici. – Incisione in forma ovalare della faccia anteriore della prostata comprendendo anche la commissura anteriore. – Passando attraverso la loggia, il collo vescicale viene inciso con una piccola sezione trasversale e l’adenoma prostatico enucleato digitalmente. Durante questa fase è possibile facilitare la localizzazione degli orifici ureterali tramite somministrazione endovenosa di indaco-carminio. – Sezione dell’uretra prostatica sotto controllo visivo a livello dell’apice prostatico. La visibilità sarà tanto migliore quanto più ampia sarà stata la resezione della parete anteriore della capsula prostatica. – Dopo l’enucleazione si ispeziona la loggia e si rimuovono eventuali residui adenomatosi. – L’emostasi definitiva ha inizio grazie al posizionamento di due punti alle estremità della sezione prostatica. Questi due punti di sutura, in catgut cromico 1/0, vengono passati distalmente e dorsalmente attraverso la capsula prostatica e comprendono la parete vescicale, 1 cm lateralmente agli osti. Con questi punti è possibile attrarre distalmente il trigono e ridurre il volume della loggia prostatica. – A questo punto il sanguinamento di solito cessa e si procede al rimodellamento della loggia restaurando la continuità vescico-uretrale. A tale scopo il trigono viene portato il più vicino possibile al collicolo e suturato alla parete posteriore della loggia che viene così ricoperta, dalle ore 3 alle ore 9, con mucosa vescicale. – Come derivazione temporanea si utilizza una epicistostomia tramite un catetere di Foley 18 Charr. – La capsula prostatica viene chiusa con una sutura a punti staccati in catgut cromico 1/0. – Si posiziona un drenaggio in silicone 30 Charr. – L’emostasi della loggia prostatica viene controllata con un catetere 22 Charr che viene immediatamente rimosso.

    Tricks of the trade

    Le modificazioni della tecnica retropubica qui descritte permettono di rinunciare all’uso del catetere trans-uretrale post-operatorio, con conseguente riduzione dell’incidenza di infezioni e di stenosi uretrali post-operatorie (8). Questo si ottiene essenzialmente grazie a: 1) Emostasi preventiva grazie alla legatura dei peduncoli vascolari vescicoprostatici; 2) Asportazione generosa della capsula prostatica ventrale e della commissura anteriore; 3) Sezione del collo vescicale; 4) Riduzione della loggia prostatica; 5) Ricostruzione della continuità vescico-uretrale.

    Decorso post-operatorio

    – Nei pazienti senza rischio cardio-vascolare si incrementerà la diuresi affinché la vescica sia irrigata fisiologicamente. – Chiusura della cistostomia soprapubica in 6. giornata post-operatoria. – Controllo del residuo post-minzionale. – Rimozione della cistostomia in assenza di residuo.

    Bibliografia

    1. Roos NP, Wemmberg JE, Malenka DJ, Fisher ES, McPherson K, Folmer-Anderson T, Cohen MM, Ramsey E. Mortality and reoperation after open and transurethral resection of the prostate for benign prostatic hyperplasia. N Engl J Med 1989; 320: 1120.2. Fuller E. Six successful and successive cases of prostatectomy. J Cut Genitourin Dis 1865; 13: 229.3. Grégoir W. Hemostatic adenomectomy. Urol Int 1969; 24: 426.4. Harris SH. Suprapubic prostatectomy with closure. Br J Urol 1929; 1: 285.5. Hryntschak T. Die suprapuhische Prostatektomie mit primaerem Blasenverschluss nach eigener Methode. Wilhelm Maudrich, Wien 1951.6. van Stockum W. Prostatectomia suprapubica extravesicalis. Zbl Chir 1909; 36j 41.7. Millin T. Retropubic prostatectomy: a new extravesical technique. Lancet 1945; 2: 693.8. Praetorius M, Elsaesser E, Burgdoerfer H, Wuensche U. Erfahrungen mit der dauerkatheterfreien Prostataadenomektomie. Verh Dtsch Ges Urol 1979; 31: 250.

    Gunther E. Voges – Stefan C. Mueller – Michael Stoeckle – Rudolf Hohenfellner

    Introduzione

    La prostatectomia radicale si è ormai affermata come il trattamento di scelta del carcinoma prostatico clinicamente localizzato. L’accesso retropubico in combinazione con una linfadenectomia pelvica modificata ha guadagnato consensi sin dalla fine degli anni ’70 grazie anche agli studi anatomici di Walsh che portarono ad una migliore conoscenza dell’anatomia pelvica ed alla conseguente possibilità di conservare la potenza sessuale (1, 2). La prostatectomia retropubica per via anterograda (o discendente) presenta numerosi vantaggi rispetto alle tecniche che iniziano con la mobilizzazione dell’apice (vedi capitolo 5.5 – Prostatectomia radicale per via retrograda): 1) permette di formulare un giudizio iniziale sull’operabilità del paziente: 2) la precoce separazione del fascio linfovascolare riduce la perdita di sangue e diminuisce il rischio della diffusione metastatica del tumore; 3) la prostata già mobilizzata permette una migliore visione per il momento critico dell’intervento, rappresentato dalla legatura del plesso venoso dorsale e dell’uretra membranosa; 4) la sezione dell’apice, manovra decisiva per il controllo locale della malattia, viene anch’essa eseguita al termine dell’intervento a prostata mobilizzata e con luce operatoria migliore (3, 4).

          

    Tecnica operatoria

    – Posizionamento di un catetere di Foley 20 Charr con palloncino a 25-30 mi e di una sonda rettale. – Posizione supina leggermente iperestesa per aumentare la distanza tra l’ombelico e la sinfisi pubica, in Trendelenburg, con il tavolo inclinato di 10°-20°. – Laparotomia mediana ombelico-pubica. – L’incisione parziale bilaterale dell’inserzione del muscolo rotto dell’addome sulla sinfisi pubica migliora la luce operatoria. – Scollamento del peritoneo dalla fascia del muscolo retto, dal muscolo trasverso e lateralmente dai vasi iliaci fin sopra il muscolo psoas. – Identificazione dei dotti deferenti e caricamento su laccio. – Preparazione dei deferenti, sezione e posizionamento di un punto di trazione sul moncone prossimale, che viene clampato con una Kocher. Il dotto deferente servirà come “guida” alle vescicole seminali. – Dopo applicazione di un divaricatore autostatico e previa sezione del legamento ombelicale, si inizia la linfadenectomia stadiante. – Il margine superiore della linfadenectomia è rappresentato dall’arteria iliaca interna, quello inferiore dal linfonodo di Rosenmueller (Cloquet). – Medialmente la linfadenectomia include la fossa otturatoria risparmiando il nervo ed i vasi otturatori. – I linfonodi ventrali e laterali dell’arteria iliaca esterna vengono rispettati. – I linfonodi di volume normale non vengono inviati per esame istologico estemporaneo. – Il tessuto adiposo periprostatico viene rimosso con l’aiuto di un tampone montato in modo da identificare la fascia endopelvica ed i legamenti puboprostatici. – Incisione con bisturi o forbici della fascia endopelvica lateralmente all’inserzione sulla prostata e sulla vescica. L’incisione viene prolungata antero-medialmente in direzione dei legamenti puboprostatici fino a poter palpare senza problemi la superficie laterale della prostata. – Nello spazio aperto dall’incisione della fascia endopelvica vengono poste delle lunghette umide. – Preparazione di entrambi i dotti deferenti fino all’ampolla ed all’estremità delle vescicole seminali. Con un piccolo divaricatore di Gil-Vernet si protegge l’uretere. – Accurata coagulazione dei piccoli vasi alle estremità delle vescicole seminali. – Preparazione per via smussa, con il dito indice, delle vescicole seminali separando la prostata, la fascia di Denonvillier e l’apice prostatico dal retto. – Una leggera trazione sul catetere vescicale permette, tramite palpazione del palloncino, l’esatta localizzazione del collo vescicale che verrà in seguito sezionato. – Il decorso delle fibre della muscolatura liscia del collo vescicale facilita la localizzazione ideale della sezione del collo. – Prossimalmente e distalmente alla linea ideale di sezione si posizionano dei punti emostatici in Maxon 2/0 per evitare il sanguinamento dei rami venosi. All’estremità di questi fili, che non vengono tagliati, si applicano delle Kocher per poter esercitare una leggera trazione sul collo vescicale e sulla prostata. – L’incisione del collo vescicale inizia, tra i punti sistemati in precedenza, prima con l’elettrobisturi e successivamente con le forbici, fino a che non sia visibile il catetere vescicale. – Il catetere viene estratto dalla vescica e messo in trazione fissandolo con una Backhaus alla parte inferiore del divaricatore autostatico di Bookwalter. – Si inserisce un divaricatore di Gil-Vernet sul labbro ventrale del collo vescicale per poter meglio visualizzare la circonferenza dorsale, che viene così elevata di alcuni centimetri. – Si identificano gli orifici ureterali e si seziona con il bisturi elettrico la parete posteriore del collo vescicale. – Ampia preparazione con le forbici fino alle ampolle di entrambi i dotti deferenti ed alla parete anteriore delle vescicole seminali. Questo passaggio viene facilitato sollevando con il dito la prostata e passando attraverso lo scollamento già eseguito dietro la fascia di Denonvillier. – Si fanno quindi passare i dotti deferenti nello spazio creato tra vescica e prostata, sulla linea mediana, ponendo un divaricatore di Gil-Vernet sotto il trigono. – Trazione in senso craniale della vescica e rimozione delle lunghette poste precedentemente attraverso l’incisione della fascia endopelvica. – La linea di incisione della fascia endopelvica ed il collo vescicale si incontrano quasi perpendicolarmente separati dal fascio neurovascolare e dai peduncoli craniali della prostata. Queste strutture vengono esposte esercitando una trazione sull’estremità delle vescicole seminali in senso distale e, quindi, sezionate. – Sezione dei legamenti puboprostatici con forbici di Satinsky a ridosso della sinfisi pubica. – Si palpa con il pollice e l’indice lo spessore del plesso venoso ed il catetere nell’uretra membranosa valutando contemporaneamente il complesso sfinterico. – Si fa passare una pinza angolata ca. 2-3 mm distalmente all’apice prostatico sotto il plesso venoso. La pinza dev’essere divaricata solo quanto basta per prendere la legatura. Allargando eccessivamente le branche della pinza si rischia infatti di danneggiare lo sfintere esterno. – La legatura viene annodata il più distalmente possibile. – Sezione del plesso venoso dorsale. – Incisione dell’uretra a ridosso della legatura posta 2-3 mm sotto l’apice prostatico. Si rende visibile il catetere. – Proseguimento dell’incisione dell’uretra membranosa lateralmente con forbici di Satinsky fino a che non rimanga solo 1/3 della circonferenza uretrale posteriore. – Il catetere viene sfilato, sezionato e posto in leggera trazione verso l’alto. La trazione dev’essere delicata per non danneggiare le fibre dello sfintere esterno. – Sezione della parete posteriore dell’uretra membranosa. – La sottostante parte terminale della fascia di Denonvillier (da alcuni chiamata muscolo rettouretrale), il cui spessore è di alcuni millimetri, viene sollevata con una pinza e recisa. – Asportazione del pezzo anatomico che viene immerso in un colorante e fissato m formalina per una verifica definitiva dei margini di resezione. – Emostasi. – I primi due punti dell’anastomosi vescico-uretrale vengono passati alle ore 5 e 7. Questi punti comprendono l’estremità distale della fascia di Denonvillier rendendo così l’anastomosi più stabile. – Posizionamento di una epicistostomia fissata con catgut 3/0 alla parete vescicale. – Ricostruzione del collo vescicale in senso latero-mediale con fili in materiale riassorbibile 2/0 o 3/0, fino a che il diametro non diventi pressappoco quello di un catetere 20 Charr. Nel passare i punti a livello della parete vescicale posteriore bisogna prestare attenzione a non ledere i meati ureterali. – Punti di eversione della mucosa vescicale garantiscono un ottimale adattamento muco-mucoso tra vescica ed uretra minimizzando il rischio di stenosi anastomotiche post-operatorie. – Previo posizionamento di un catetere in silicone 20 Charr con palloncino da 30 mi si passeranno a livello uretrale altri due punti anastomotici alle ore 11 e 1. – Posizionamento del catetere in vescica bloccato con 20 mi di acqua distillata (e non di soluzione fisiologica). – Legatura dell’anastomosi dopo aver passato i punti corrispondenti a livello del collo vescicale nella sequenza 7-5-11-1. Questa manovra è facilitata da una lieve trazione sul catetere che avvicinerà l’uretra membranosa alla vescica. – Due drenaggi in para. – Chiusura dell’incisione.

    Tricks of the trade

    – Immediatamente sotto la fascia endopelvica, medialmente, è presente il plesso del Santorini, lateralmente il muscolo elevatore dell’ano. L’incisione della fascia endopelvica non può essere fatta, in nessun caso, troppo vicina alla prostata per evitare sanguinamenti dal plesso venoso periprostatico. – In previsione di un intervento “nerve-sparing” è possibile separare il fascio neurovascolare dalla prostata. Si raccomanda di iniziare la separazione del fascio posterolateralmente, nei due terzi distali della prostata, dopo l’incisione dello strato anteriore della fascia periprostatica laterale. – La complicanza intra-operatoria principale è costituita dal sanguinamento del plesso venoso dorsale. Nella tecnica qui descritta la sezione del plesso dorsale viene eseguita al termine dell’operazione. Grazie alla buona luce operatoria che si ottiene subito dopo il prelievo del preparato, ogni eventuale sanguinamento potrà essere facilmente risolto. Dovrebbero essere evitati dei punti emostatici profondi per mantenere l’integrità del complesso sfinterico.

    Decorso post-operatorio

    – Somministrazione di eparina a basso peso molecolare fin dal giorno dell’intervento. In questo modo si riduce il rischio dell’insorgenza di linfoceli e/o linforrea (5). – Mobilizzazione del paziente ed inizio della ginnastica pelvica al più tardi al mattino della 1. giornata post-operatoria. – Rimozione dei drenaggi in 3.-5. giornata post-operatoria. – Cistografia in 7. giornata post-operatoria. In assenza di stravasi rimozione del catetere, altrimenti dimissioni e ripetizione della cistografia a 3 settimane di distanza dall’intervento. – Rimozione della epicistostomia in assenza di residuo.

    Bibliografia

    1. Reiner WC, Walsh PC. An anatomical approach to the surgical management of the dorsal vein and Santorini’s plexus during radical retropubic surgery. J Urol 1979- 121: 198.2. Walsh PC, Lepor H, Eggleston JC. Radical prostatectomy with preservation of sexual function: anatomical and pathological considerations. Prostate 1983; 4: 473.3. Stamey TA, Villers AA, McNeal JE, Link PC, Freiha FS. Positive surgical margins at radical prostatectomy: importance of the apical dissection. J Urol 1990; 143- 1166.4. Voges GE, McNeal JE, Redwine EA, Freiha FS, Stamey TA. Morphologic analysis of surgical margins with positive findings in prostatectomy for adenocarcinoma of the prostate. Cancer 1992:69: 520.5. Kroepfl D, Krause R, Hartung A. A method to avoid lymphoceles in heparinised patients. J Urol 1988; 139: 168 A.

    Friedhelm Schreiter

    Introduzione

    Già nei primi anni ’60 la prostatectomia radicale era considerata un’opzione ottimale per il trattamento del carcinoma prostatico localizzato. Tuttavia, la mancanza di un sistema di stadiazione accurato non permetteva il confronto tra le varie modalità terapeutiche e la valutazione corretta dei risultati. Si diffuse pertanto la convinzione che la radioterapia, sia esterna sia interstiziale, fosse superiore alla chirurgia. Dobbiamo arrivare agli anni ’80 quando, grazie agli studi di Paulson. veniva definitivamente dimostrato che la prostatectomia radicale, in pazienti in stadi analoghi, era equivalente se non superiore, in termini di risultati oncologici, alla radioterapia (1, 2). Contemporaneamente, il miglioramento della tecnica operatoria permetteva una diminuzione della morbilità, in particolar modo per quanto riguarda le due complicanze più temibili: l’incontinenza urinaria e l’impotenza (3). [.’incontinenza urinaria post-operatoria scendeva ad una percentuale inferiore al 5%. Inoltre, i pazienti incontinenti possono essere oggi trattati con successo con l’impianto di uno sfintere artificiale (vedi capitolo 9.4 – Impianto di sfintere artificiale). In Europa, in questi ultimi anni, si è andata affermando la prostatectomia radicale utilizzando la via di accesso retropubica. 11 vantaggio più significativo di questa via di accesso, in confronto all’intervento per via perineale, è rappresentato dalla possibilità di procedere in un’unica seduta alla contestuale linfadenectomia pelvica di stadiazione (vedi capitolo 5.6 – Prostatectomia radicale perineale). La tecnica operatoria per via retrograda, con dissezione ascendente dall’apice al collo vescicale, e la via più popolare per la possibilità della legatura precoce del plesso del Santorini e della preparazione, sotto controllo visivo, dei fasci neurovascolari.

              

    Strumentario

    – Divaricatore autostatico tipo Balfour con valva piatta che permette la dislocazione posteriore della vescica e del peritoneo. – Pinza angolata per isolare il plesso di Santorini. – Aspiratore con luce, utile per lavorare in profondità nel piccolo bacino.

    Tecnica operatoria

    – Posizione supina, iperestesa, a gambe leggermente divaricate e ginocchia leggermente piegate. Per una migliore visibilità dell’apice prostatico si pone il paziente in Trendelenburg (20° circa) con una leggera “spezzatura” a livello dell’addome. – Incisione cutanea ombelico-pubica. – Incisione del foglietto posteriore del muscolo rotto dell’addome facendo attenzione a risparmiare il peritoneo. – La linfadenectomia comprende l’asportazione dei linfonodi iliaci esterni ed interni, della fossetta otturatoria e quelli prevescicali profondi. Ci si astiene dal rimuovere i linfonodi iliaci comuni. Se non vi è alcun linfonodo macroscopicamente sospetto si rinuncia all’esame istologico estemporaneo, che viene riservato ai soli linfonodi macroscopicamente o palpatoriamente sospetti. In caso di accertata positività dell’esame estemporaneo verranno rimossi anche i linfonodi iliaci comuni. – Previa preparazione dello spazio del Retzius si procede all’incisione bilaterale della fascia endopelvica in prossimità della prostata. – Sezione dei legamenti puboprostatici in tutta prossimità della sinfisi pubica. Questi legamenti sono avascolari e, rispettando il sottostante plesso del Santorini e la vena dorsale profonda del pene non vi è, durante questo tempo chirurgico, alcun sanguinamento. – Separazione della prostata dalle fibre muscolari dell’elevatore dell’ano e dal diaframma urogenitale. – Grazie al catetere trans-uretrale 18 Charr, introdotto prima dell’intervento, è possibile identificare ed isolare la fascia endopelvica con la vena dorsale profonda del pene ed il plesso del Santorini. – Si fa passare una pinza angolata, a punta smussa, al di sotto del plesso del Santorini ed al di sopra dell’uretra procedendo alla legatura in blocco di questa struttura. Per sicurezza vengono posti altri due punti emostatici, uno a destra e l’altro a sinistra, per raggiungere una sicura emostasi. Altri tre punti vengono passati prossimalmente, sulla parete anteriore della prostata per assicurare l’emostasi. – Sezione del plesso del Santorini tra le legature, distale e prossimale, sulla guida di una pinza angolata che lo sottende. Preparazione dell’apice prostatico con le forbici. Incisione della fascia periprostatica bilateralmente in tutta prossimità dell’apice dove lateralmente e dorsalmente decorrono i fasci neurovascolari. Dopo aver identificato i margini laterali della fascia si fa passare una pinza angolata a ridosso dell’apice prostatico sotto l’uretra, utilizzando una lunghetta per circondare quest’ultima. – Incisione della parete anteriore dell’uretra mettendo così in evidenza il catetere uretrale. – Si passano i primi due punti anastomotici alle ore 11 e 1. – Il catetere viene tagliato ed attratto cranialmente in modo da mettere in evidenza l’apice prostatico e la parete posteriore dell’uretra. – Questa viene incisa preservando il collicolo seminale ora visibile. – Sezione della fascia del Denonvillier nel punto in cui viene a contatto con il muscolo rettouretrale. La sezione viene eseguita in direzione prossimale, con forbici curve, per preservare le strutture sfinteriche. – Con l’aiuto del dito si identifica il piano di clivaggio sulla faccia posteriore della prostata, piano che viene seguito fino alle vescicole seminali. – Le connessioni laterali delle fasce periprostatiche, che contengono i fasci neurovascolari, vengono poste in tensione e, nelle operazioni “nerve-sparing”, possono essere sezionate direttamente a ridosso dell’apice prostatico, sotto controllo visivo, rispettando così l’integrità dei nervi erigentes. – Con la prostata sollevata ed aderente alla Denonvillier a livello della sua faccia posteriore è ora possibile identificare il rimanente peduncolo prostatico. – Questo viene legato e sezionato. È quindi possibile sollevare la prostata dal retto. – Incisione della fascia del Denonvillier in corrispondenza della faccia posteriore delle vescicole seminali. La base della prostata è ora completamente libera. – Utilizzando il catetere è possibile esercitare una trazione in senso distale ed anteriore, affinché sia possibile preparare il collo vescicale. – Separazione della prostata dalla parete anteriore del collo vescicale con l’aiuto delle forbici. – Quindi separazione per via smussa del trigono dalla prostata stessa. La preparazione deve essere eseguita delicatamente per non danneggiare la muscolatura del trigono. – Dopo aver separato la prostata dal trigono si possono nuovamente vedere le vescicole seminali, medialmente alle quali si trovano le ampolle deferenziali ed il dotto deferente, che viene preparato, legato e sezionato. – Sezione tra legature dei restanti peduncoli laterali. – Rimozione del preparato operatorio. – Ricostruzione del collo vescicale con una sutura in continua iniziando dal basso. Il diametro del collo ricostruito deve permettere il passaggio di un catetere di Foley 18 Charr. – Punti di eversione della mucosa del collo vescicale per ottenere un ottimale adattamento muco-mucoso con l’uretra, ottenere un’anastomosi impermeabile e ridurre concretamente il rischio di una stenosi anastomotica post-operatoria. – Controllo dell’emostasi. – Utilizzando i due punti anastomotici precedentemente posizionati alle ore 11 e 1 e possibile, con una modica trazione, esporre il moncone distale dell’uretra. – Introduzione di un catetere di Foley 16 Charr che facilita il passaggio di altri due punti anastomotici alle ore 5 e 7. – Dopo aver passato questi punti a livello del collo vescicale ed aver introdotto il catetere in vescica si procede alla legatura degli stessi. – Drenaggio in aspirazione in prossimità dell’anastomosi e due drenaggi a caduta posti nelle fossette otturatorie. – Chiusura dell’incisione.

    Decorso post-operatorio

    – Mobilizzazione del paziente in 1. giornata post-operatoria ed eparinizzazione a basse dosi per via sottocutanea. – Rimozione dei drenaggi non appena cessi la secrezione linfatica. – Cistografìa a due settimane di distanza dall’intervento. In assenza di spandimento del mezzo di contrasto si procede alla rimozione del catetere. In caso contrario ripetizione dell’esame ad una settimana di distanza.

    Bibliografia

    1. Paulson DF, Lin GH. Radical surgery vs. radiotherapy for adenocarcinoma of the prostate. J Urol 1982; 128: 502.2. Paulson DF, Roberton JE, Daubert LM. Radical prostatectomy in stage A prostatic adenocarcinoma. J Urol 1988; 140: 535.3. Walsh PC. Radical prostatectomy for treatment of localized prostatic carcinoma Urol Clin North Am 1980; 7: 583.

    Angelo Acconcia

    Introduzione

    L’accesso chirurgico perineale alla ghiandola prostatica è senz’altro il più diretto, e presenta notevoli vantaggi rispetto alla via retropubica, sia per la possibilità di eseguire una perfetta anastomosi vescico-uretrale, sia per il controllo ottimale dell’emostasi (1). Altri vantaggi sono l’assenza di un respiro antalgico post-operatorio e di stimolazioni peritoneali e di plessi neuro-vegetativi importanti (2). La posizione del paziente favorisce inoltre il drenaggio venoso intraoperatorio ed il trauma chirurgico è senz’altro minore rispetto alla via retropubica (3). Per quali ragioni dunque la prostatectomia radicale perineale non viene eseguita più frequentemente? Innanzi tutto perché le nuove generazioni di urologi non hanno “familiarità” con la regione perineale. A questo proposito, i fondamentali studi anatomici di Pat Walsh sulla fascia endopelvica, sul complesso venoso dorsale e sui fasci neuro-vascolari hanno permesso una sistematizzazione della via retropubica che è alla base della maggiore diffusione di questa tecnica (4). La maggior critica all’approccio perineale rimane comunque l’impossibilità di una stadiazione patologica dei linfonodi pelvici in un’unica procedura chirurgica. Attualmente però, la possibilità di predire il coinvolgimento linfonodale basandosi su analisi di regressione logistica multivariata (facenti uso dei valori sierici del PSA, del Gleason scoro ottenuto dalla biopsia prostatica e dello stadio clinico locale all’esplorazione digito-rettale) consente di attuare una stategia terapeutica differenziata a seconda o meno del rischio di coinvolgimento linfonodale. La diagnosi precoce del carcinoma della prostata permette infatti di identificare un gruppo di pazienti a basso rischio di coinvolgimento linfonodale, nei quali si può rinunciare ad eseguire una linfadenectomia pelvica. Pertanto, la prostatectomia perineale può essere proposta con intento oncologico radicale in alternativa all’approccio retropubico ai pazienti con basso PSA (<10 ng/ml), basso Gleason score (< 7) e stadio clinico TI o T2.

          

    Indicazioni

    – Stadio clinico T1-T2, Gleason < 7, PSA < 10. – Età avanzata del paziente. – Obesità. – Precarie condizioni cardiorespiratorie. – Problemi ematologici. – Pregressa adenomectomia prostatica “a cielo aperto”.

    Controindicazioni

    – Impossibilità alla posizione “litotomica” (ad es. patologia dell’anca). – Associata patologia vescicale.

    Strumentario

    – Divaricatore autostatico tipo Omnitract oppure Bookwalter. – Due o tre valve perineali di Proust di lunghezza progressiva. – Divaricatore perineale da uretra di Young. – Estrattore prostatico di Lowsley-Young sia retto che curvo.

    Tecnica operatoria

    – Posizione del paziente “litotomica” con un rialzo sotto le natiche in modo da portare il perineo ad un piano pressoché orizzontale. – Lo scroto viene stirato verso l’alto e fissato all’addome. – Si applica una lamina in plastica di O’Connor oppure un telino “Uro-drape” monouso fissato alla cute del perineo con la possibilità di una esplorazione rettale intraoperatoria in campo sterile. – Si introduce nell’uretra un divaricatore prostatico di Lowsley-Young curvo che permette di avvicinare la prostata al piano perineale. – Incisione del perineo anteriore, tra le due tuberosità ischiatiche, a circa tre cm dal bordo anale e leggermente arcuata in basso. – Superata l’aponeurosi perineale superficiale si arriva ad esporre il “centro tendineo” del perineo ed, ai lati di esso, il cosiddetto “triangolo del taglio”. Questi è delimitato medialmente dal muscolo bulbocavernoso, lateralmente dal muscolo ischiocavernoso ed in basso dal muscolo trasverso superficiale del perineo. – Per via smussa si preparano i due triangoli suddescritti nei quali facilmente entrano due dita della mano sinistra che abbassano il piano perineale e rendono più evidente il “centro tendineo”. – Sezione del centro tendineo con le forbici rasentando in alto il muscolo bulbouretrale finché si arriva all’uretra membranosa in tutta prossimità dell’apice prostatico non ancora visibile. Con questa manovra il complesso sfinterico anale cade verso il basso ed il muscolo bulbouretrale si sposta verso l’alto. – Si applica la valva perineale corta in basso ed il divaricatore uretrale in alto. – A qnesto punto la parete del rette è adesa alla capsula prostatica, soprattutto sulla linea mediana, ad opera del muscolo rettouretrale che spesso è una formazione rudimentale ed altre volte è esteso in profondità. – Prima di procedere alla sezione del muscolo rettouretrale può essere utile un riscontro digitale trans-rettale per rendersi conto, esattamente, dell’area di adesione della parete rettale alla parte apicale della capsula prostatica. – Con prudenti, superficiali, colpi di forbice si seziona parte del muscolo rettouretrale avanzando in profondità con una lunghetta di garza bagnata e con la valva perineale media. – Un eventuale sanguinamento venoso importante è segno dell’estrema vicinanza del retto. – Quando queste manovre sono compiute diventa subito possibile introdurre la valva perineale lunga. – La parete rettale cade, per così dire, nello scavo pelvico ed è possibile introdurre una lunghetta di garza bagnata fino ad esporre il piano delle vescicole seminali che si intravedono ricoperte dalla fascia di Denonvillier. – Nel corso di queste manovre può essere necessario ripetere più volte un’esplorazione digitale rettale. – Nel campo operatorio sono ora esposte in progressione l’uretra membranosa, la parte posteriore della capsula prostatica coperta dalla aponeurosi di Denonvillier e, quasi completamente, le vescicole seminali. – Si circonda quindi l’uretra membranosa a raso dell’apice prostatico con un passafili e si seziona la parete posteriore dell’uretra esponendo il divaricatore di Lowsley-Young che viene rimosso per procedere alla sezione della parete uretrale anteriore. – Nell’uretra prostatica si introduce quindi l’estrattore di Lowsley-Young retto, o un robusto catetere di Foley, per poter attrarre nel campo operatorio la prostata in blocco. – Inizia così la preparazione, per via smussa, della parete anteriore della capsula prostatica sempre per via sottofasciale (fascia endopelvica) in modo da evitare il complesso venoso dorsale e le conseguenti emorragie. – Si arriva quindi sul collo vescicale anteriormente e lo si incide. – La parte intravescicale del robusto catetere di Foley, dopo aver deteso il palloncino, viene passata attraverso questa breccia cervicale e unita all’altra parte dello stesso catetere che fuoriesce dall’apice prostatico. – Si esercita cosi una trazione che espone il labbro posteriore del collo vescicale, che va delicatamente inciso, fino ad esporre i deferenti e le vescicole seminali. – Il labbro posteriore del collo vescicale viene preso con pinze di Allis e sollevato verso l’alto preparando per via smussa il piano di clivaggio tra la parete posteriore del detrusore e le vescicole seminali. Queste devono apparire con chiarezza nel campo operatorio evitando di sconfinare nel contesto della muscolatura trigonale. – Collo e vescica vengono retratti verso l’alto con l’aiuto di una valva malleabile e nel campo operatorio si vedono, a partire dalla linea mediana, il deferente con l’ampolla, poi la vescicola seminale e quindi il peduncolo vascolare prostatico (ramo prostatico dell’arteria vescicale inferiore) che va sezionato tra clips. – Con leggera trazione sul blocco prostatico si evidenzia anche l’apice delle vescicole seminali laddove entra il loro peduncolo vascolare che va sezionato tra clips. – Legati e sezionati anche i deferenti, il blocco prostato-vescicolare viene rimosso. – Assicurata l’emostasi inizia la sutura tra uretra membranosa e collo vescicale sotto il perfetto controllo della vista ed in un piano relativamente superficiale. – L’anastomosi viene eseguita a punti staccati, extramucosi, in Vicryl 2/0 o 3/0 con i nodi all’esterno. – La sutura inizia alle ore 12 per poi continuare alle ore 2 ed alle ore 10 e questi primi punti vengono subito annodati. – Si introduce un catetere di Foley a tre vie (18-20 Charr) attraverso l’uretra fino in vescica e si gonfia il palloncino. – Si completa quindi l’anastomosi con una serie di punti staccati continuando con la sutura del collo vescicale che si configura a mo’ di racchetta. – Si procede infine alla prova di tenuta. – Emostasi. – Posizionamento di un Redon. – Ricostruzione del piano perineale. – Chiusura dell’incisione.

    Tricks of the trade

    – Nel caso si desideri eseguire un intervento “nerve-sparing” si incide la fascia periprostatica, cioè la lamina di Denonvillier, esattamente sulla linea mediana, dalle ore 12 alle ore 6. Quindi per via sottofasciale si prepara la faccia posteriore della prostata e l’uretra membranosa rispettando i fasci neuro-vascolari diretti ai corpi cavernosi (4). – Ci possono essere varianti alla sutura vescico-uretrale soprattutto nei casi in cui sia stato necessario asportare anche il collo vescicale. Anzitutto la variante in cui “il braccio della racchetta” debba esser fatto nella parete anteriore della vescica. In qualche caso può essere utile confezionare, con un lembo vescicale anteriore, un corto tubo da suturare all’uretra membranosa (Flocks). Nel caso in cui le suture dovessero essere sotto tensione, conviene applicare sulla vescica, ai lati dell’anastomosi, delle suture in catgut i cui estremi vengono poi passati attraverso tutto lo spessore del perineo ed annodati su un fiocco di garza.

    Decorso post-operatorio

    – Deambulazione inizia in 1. giornata post-operatoria. – Rimozione del drenaggio in aspirazione in 1.-2. giornata post-operatoria. – Controllo radiologico della tenuta dell’anastomosi in 7. giornata post-operatoria. Se la tenuta è ottimale il catetere può essere rimosso ed il paziente dimesso.

    Bibliografia

    1. Young HH. Conservative perineal prostatectomy. A presentation of new instruments and technique. JAMA 1903; 41: 999.2. Jewett HJ. The case for radical perineal prostatectomy. J Urol 1970; 103: 195.3. Paulson DF. Radical perineal prostatectomy. Urol Clin North Am 1980; 7: 847.4. Weiss JP, Schlecker BA, Wein AJ, et al. Preservation of periprostatic autonomie nerves during total perineal prostatectomy by intrafascial dissection. Urology 1985- 26:160.

    Patrizio Rigatti – Francesco Francesca – Luigi Da Pozzo

    Introduzione

    La prostatectomia radicale trans-coccigea per adenocarcinoma prostatico consiste nella rimozione in blocco della prostata, delle vescicole seminali e dell’ampolla deferenziale, con successiva anastomosi tra vescica ed uretra (1). Essa rappresenta una alternativa ai più tradizionali accessi retropubico o perineale (2, 3). La linfadenectomia pelvica risulta indispensabile per una corretta stadiazione del tumore. Pertanto si ritiene che, prima di procedere alla prostatectomia radicale (retropubica o trans-coccigea), si debba sempre essere a conoscenza dell’esito dell’esame istologico dei linfonodi pelvici. In presenza di un PSA > 20 ng/ml e/o Gleason score > 5 il rischio di coinvolgimento linfonodale aumenta proporzionalmente (4, 5). Inoltre, l’esame istologico definitivo è più affidabile dell’esame istologico estemporaneo. Per tali motivi è utile praticare in questi casi una linfadenectomia pelvica laparoscopica preventiva con possibilità di esame istologico definitivo dei linfonodi pelvici. Se questi risultano negativi, sarà possibile procedere ad una prostatectomia radicale, eseguita in un secondo tempo per via trans-coccigea. Questo approccio riduce il rischio di falsa negatività (ca. 30%) dell’esame istologico estemporaneo. Al contrario, se il PSA è < 20 ng/ml ed il Gleason scoro < 5 il rischio di coinvolgimento linfonodale è basso, così che si può procedere ad una linfadenectomia pelvica con esame estemporaneo in sede di prostatectomia radicale retropubica. Pertanto, i criteri di selezione utilizzati per decidere se eseguire una prostatectomia radicale retropubica o trans-coccigea sono rappresentati dal PSA e dal Gleason scoro ottenuto dalla biopsia prostatica pre-operatoria. Naturalmente, la scarsa familiarità che la maggior parte degli urologi ha con questo tipo di approccio rende la metodica non molto popolare. Nonostante questo, la prostatectomia radicale trans-coccigea presenta numerosi vantaggi rispetto alla procedura retropubica. Questi includono: 1) l’accesso chirurgico diretto alla prostata; 2) la più agevole manipolazione dell’uretra; 3) il più facile isolamento del fascio neuro-vascolare in previsione del risparmio della potenza sessuale; 4) il minor rischio di fistole urinose conseguente ai ridotti scollamenti dei tessuti circostanti l’uretra e l’ulteriore sovrapposizione del retto; 5) la più facile exeresi in presenza di carcinomi prostatici incidentali, dato che vengono evitati i piani fìbrotici post TUR-P; 6) la rapida ripresa post-operatoria. La rimozione in blocco della prostata con le vescicole seminali e le ampolle deferenziali può avvenire per via retrograda, anterograda o combinata, in analogia a quanto avviene con la via di accesso retropubica.

         

    Indicazioni

    – PSA > 20 ng/ml e/o Gleason score > 5. In questo caso la prostatectomia trans-coccigea è preceduta da una linfadenectomia pelvica laparoscopica. – Carcinoma prostatico incidentale post TUR-P. – Pazienti obesi. – Prostatectomia di salvataggio dopo insuccesso di una radioterapia primaria.

    Controindicazioni

    – PSA < 20 ng/ml e Gleason score < 5. In questo caso si esegue una prostatectomia retropubica con linfadenectomia pelvica ed esame istologico estemporaneo dei linfonodi pelvici asportati.

    Strumentario

    – Divaricatore per accesso trans-coccigeo tipo Omnitract modificato. – Tranciacoste di Sauerbruch. – Scollaperiostio.

    Tecnica operatoria

    POSIZIONE DEL PAZIENTE, ACCESSO ED ESPOSIZIONE – Posizione prona. – Il tavolo operatorio viene leggermente flesso in corrispondenza delle spine iliache antero-superiori. – I glutei sono retratti da ambo i lati mediante due larghi cerotti fissati al letto operatorio per meglio esporre l’area perineale. – Dopo disinfezione del campo operatorio viene inserito nell’ampolla rettale un dito di guanto solitamente ottenuto da un telo sterile per TUR-P (Urodrape) opportunamente tagliato e fissato con una sutura intorno alla rima anale. – Si inserisce un catetere di Foley 22 Charr in vescica. Questo viene mantenuto sterile nel campo operatorio. – Incisione cutanea sulla linea mediana a partire dall’articolazione sacrococcigea e condotta, con andamento curvilineo, a sinistra della rima anale fino a giungere m prossimità del permeo. – Il coccige, isolato dalle inserzioni caudali del muscolo grande gluteo ed anterolateralmente dalle inserzioni dell’elevatore dell’ano, viene asportato mediante disarticolazione dal sacro. – In questa fase bisogna porre attenzione alla legatura del ramo terminale dell’arteria sacrale media, che raggiunge spesso l’apice del coccige. – Si applica della cera sterile sulla superficie di sezione dell’osso al fine di perfezionare l’emostasi e per evitare che la lesione, per quanto limitata, possa essere causa di una embolia gassosa. – La parete laterale sinistra del retto viene preparata con scollamento manuale e con eventuale controllo digitale attraverso il retto. – Scollata la parete laterale del retto, interrompendo parzialmente le connessioni muscolari laterali, si posiziona il divaricatore autostatico tipo Omnitract modificato. – A questo punto sono ben visibili la prostata, le vescicole seminali e le ampolle deferenziali che appaiono in trasparenza rivestite dal foglietto posteriore della lamina del Denonvilliers, che viene successivamente aperta. È anche possibile identificare con precisione i fasci neuro-vascolari, che sono localizzati a ridosso della superficie postero-laterale della ghiandola prostatica e dell’uretra alle ore 5 e 7. EXERESI PER VIA RETROGRADA – Si isola l’apice prostatico e l’uretra facendo attenzione al fascio neurovascolare nei casi in cui lo si voglia risparmiare. – Seguendo il fascio in direzione caudo-craniale si isola la parete laterale della prostata prima dal lato destro e poi dal sinistro, assicurando con clips o lacci i vasi che penetrano nella capsula prostatica. – Si seziona quindi la parete posteriore dell’uretra a ridosso dell’apice prostatico, si clampa con una pinza di Kelly il catetere e lo si seziona distalmente ad essa. – Si completa l’isolamento dell’uretra e, facendo trazione sul catetere, si espone il sottostante plesso venoso del Santorini con i legamenti pubo-prostatici. – A questo punto, se le dimensioni contenute del plesso lo consentono, questi viene sezionato tra due pinze di Kelly e l’emostasi è assicurata con due legature. Qualora il plesso sia particolarmente sviluppato è più prudente eseguire due suture emostatiche a sopraggitto, distanziate tra loro di quel tanto che consenta una sezione tra di esse. – Si libera allora la parete anteriore della prostata mediante scollamento digitale fino alla inserzione vescicale. – Isolamento delle vescicole seminali e dei dotti deferenti in direzione latero-mediale, prima da un lato e poi dall’altro, assicurando tra clips i vasi del complesso vesciculo- deferenziale. – Sezionati i deferenti tra clips si sviluppa il piano tra le vescicole seminali e la vescica fino a che la prostata risulti adesa alla vescica solo per la sua base. – Sezione con elettrobisturi a livello del collo vescicale ed asportazione del blocco prostato-vescicolare. EXERESI PER VIA ANTEROGRADA – Isolamento primario delle vescicole seminali e dei dotti deferenti, quindi si isolano i margini laterali della prostata fino all’apice. – Dopo aver isolato l’uretra si seziona il collo vescicale. – Facendo trazione sulla base della prostata si libera la superficie anteriore fino all’apice. – Si seziona l’uretra e si esegue l’emostasi del plesso di Santorini come descritto per la via retrograda. EXERESI PER VIA COMBINATA – Isolamento su fettuccia dell’uretra. – Liberazione delle vescicole seminali, delle ampolle deferenziali e dei deferenti che vengono sezionati. – Isolamento dei margini laterali e sezione, tra clips o lacci, dei peduncoli vascolari della prostata con ribaltamento cranio-caudale del blocco prostato-vescicolare. – Sezione della parete posteriore dell’uretra, del catetere e della parete anteriore dell’uretra. – Legatura del plesso di Santorini. – Separazione del collo vescicale dalla prostata con elettrobisturi. ANASTOMOSI URETRO-VESCICALE – Rimodellamento del collo vescicale per adeguarne il calibro a quello dell’uretra. – Estroflessione della mucosa vescicale con alcuni punti in Maxon 4/0 per prevenire le stenosi dell’anastomosi. – Anastomosi uretro-vescicale con sei punti staccati di materiale riassorbibile monofilamento (Maxon 3/0). I punti più superficiali vengono serrati dopo aver posizionato un catetere a tre vie 22 Charr. – Si verifica l’impermeabilità della sutura introducendo in vescica 60 mi di soluzione fisiologica attraverso il catetere. – Drenaggio tipo Redon tra vescica e retto. – Chiusura dell’incisione.

    Tricks of the trade

    – Talora può essere utile, nei pazienti affetti da carcinoma prostatico incidentale, nei quali vi sia una diminuita elasticità dei tessuti a causa della fibrosi post TUR-P, ridurre la spezzatura del lottino operatorio. Questo accorgimento consente una riduzione della distanza tra moncone uretrale e collo vescicale facilitando così l’esecuzione di una anastomosi senza tensione. – Talora, per meglio esporre il moncone uretrale, è possibile ricorrere alla compressione del perineo con un grosso tampone montato su pinza, oppure inserendo un catetere di Foley attraverso il moncone uretrale e gonfiando il palloncino nell’uretra bulbare con 5 mi di acqua distillata, eseguendo una delicata trazione del catetere in senso prossimale. – E’ necessario ridurre la tensione sui glutei al termine dell’intervento per facilitare la sutura parietale staccando i cerotti preventivamente fissati al lottino operatorio.

    Decorso post-operatorio

    – Rimozione del catetere in 7.-8. giornata post-operatoria.

    Situazioni particolari: lesione del retto

    In caso di lesione rettale durante l’isolamento della parete laterale sinistra si procede ad una agevole riparazione mediante sutura diretta in duplice strato e si prosegue con l’intervento.

    Bibliografia

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